Scheda 3 di 8
Sito web
Archilet
Tipo risorsa
Lettera
Autore
Dolce, Lodovico
Titolo
Lettera a Federico Badoer
Data
Venezia, [s. d.]
Descrizione
Lodovico Dolce ringrazia Federico Badoer per avergli fatto leggere due sue lettere, una latina indirizzata "all'Egnatio [Giovanni Battista Cipelli, noto col nome accademico di Battista Egnazio]", l'altra in volgare per [Iacopo] Marmitta. Questo ha però dato a Dolce due obblighi; il primo è ringraziare Badoer per la sua bontà, avendogliele fatte leggere, obbligo di cui non può sdebitarsi, ma sa che Badoer si accontenterà della volontà di farlo; il secondo è dare il suo giudizio sulla corrispondenza di Badoer, obbligo al quale non può sottrarsi, anche perché se lo facesse sarebbe veramente ingrato. Così in questa lettera Dolce dichiara che scriverà il suo giudizio, sicuramente poco incisivo, ma pieno di buona volontà. Non vuole tediare Badoer con lunghi proemi, perché a lui non servono, afferma quindi che le lettere, scritte in un'età così tenera, rivelano una capacità ben superiore a quella dei più nobili e maturi ingegni. Questa non è adulazione, ma complimento sincero. Lo testimoniano le stesse lettere: l'argomento, che pare inventato da lui e non copiato; l'ordine, perché Badoer esprime diversi concetti, per diverse vie, ma tutti alla fine si incontrano armoniosamente; le parole, con le quali si esprime elegantemente, in modo vario e "riguardevole a chi lo mira"; la gravità e la piacevolezza ben mischiate, le arguzie ben dosate e le ottime metafore; lo stile familiare è "sempre uguale" e "le sentenze non sono troppo severe". Nel latino è bravo a tal punto da rivaleggiare con Cicerone, nel volgare, Dolce riconosce un "temperato disprezzamento", usato nelle parole troppo ornate, che dà alle lettere una bellezza uguale a quella naturale di una donna. Questo è il giudizio di Dolce sulle lettere di Badoer, e direbbe di più se non fosse che il vero a volte ha faccia di menzogna [come: Dante Alighieri, 'Commedia', Inferno XVI 124]; in ogni caso dice solo quello che Badoer dimostra. Dolce chiede a Badoer di accrescere le aspettative che ha impresso negli animi di chi lo conosce, e di non togliere tempo alla virtù per i piaceri "più amati, et havuti cari dal volgo", perché sarebbe tempo perso irrimediabilmente. Lo avvisa che le facoltà e i meriti del padre [Alvise Badoer] non lo possono rendere illustre presso gli uomini, e grande presso la patria, quanto le lettere e la virtù; i meriti dei familiari non si possono sfruttare come propri. Aggiunge che i beni sono dati e tolti dalla fortuna senza distinzione tra i meritevoli e i non meritevoli, sono caduchi e fragili, mentre la virtù, che funge anche da controllore morale, rimane per sempre, e ride di chi è soggetto ai capricci della fortuna. La virtù non è causa di pentimenti, ma sempre e solo di gioia e tranquillità; attraverso di essa l'uomo impara a conoscere se stesso e Dio; l'uomo virtuoso mira all'onestà, non all'utile, dà benefici alla patria e agli amici, ed è caro a tutti; la virtù è la solida scala che regge gli onori, permettendo di vivere felici, e di avere "immortal vita". Dolce sa che Badoer già conosce tutto questo, perché ne ha un esempio nella sua stessa casa; ha così tante capacità, afferma Dolce, che neppure la volontà di emulare [Domenico] Venier [solo un anno più grande] può spronarlo a fare più di quello che già fa, anche perché i due sono molto simili. Dolce conclude dicendo che Badoer non ha certo bisogno di queste sue raccomandazioni, ma poiché Badoer gli ha chiesto un parere sulle lettere si permette, per l'amore che gli porta, di aggiungere che è più lo spazio già percorso da Badoer che quello che gli rimane, e che dunque le glorie e gli onori arriveranno presto.
URL
http://www.archilet.it/Lettera.aspx?IdLettera=12106
Nomi
  • [Mittente] Dolce, Lodovico
  • [Destinatario] Badoer, Federico

Data indicizzazione: 09 ottobre 2021