Scheda risorsa
Sito web
Archilet
Tipo risorsa
Lettera
Autore
Farnese, Alessandro
Titolo
Lettera a Giovanni Della Casa
Data
Roma, 10 aprile 1546
Descrizione
Il cardinal Farnese rende noto a Della Casa che Nostro Signore [Paolo III, nato Alessandro Farnese] è soddisfatto del mandato di arresto emesso a Venezia nei confronti delle due persone menzionate dal cardinale in una lettera precedente [Francesco Strozzi, presunto autore dell’opera eterodossa ‘Pasquino in estasi’ e Guido da Fano, prete accusato di eresia, cfr. lettera del 20 marzo 1562, dal cardinal Farnese a Della Casa, in ms. Vat. Lat. 14831, cc. 208r-209v, incipit: “Il Magnifico Orator Veneto ha fatto instantia a Nostro Signore”]. Verranno inviate al Casa le prove necessarie per avviare un primo procedimento contro entrambi, a meno che la Repubblica [di Venezia] non conceda il loro trasferimento a Roma, dal momento che lo Strozzi è un prete apostata, l’altro un prete suddito della Chiesa. La loro estradizione sarebbe un monito per molti altri. Della Casa viene informato sul discorso pronunciato in Collegio [a Roma] dall’oratore [Alessandro del Caccia, cfr. Perini Leandro, ‘La vita e i tempi di Pietro Perna’, Istituto nazionale di Studi del Rinascimento, Roma, 2002, p. 18] del duca di Fiorenza [Cosimo I de’Medici]. La dissertazione pare molto simile alla lettera che il duca stesso ha redatto all’indirizzo di circa una quindicina di cardinali, per giustificarsi delle sue azioni [nel 1545 aveva cacciato dal convento di San Marco, a Firenze, i frati domenicani; dopo aver permesso il loro ritorno, aveva impedito che ricevessero le elemosine consuete; nella lettera dichiara di essere un ottimo cristiano, ma nelle questioni temporali vorrebbe la piena autorità e indipendenza, cfr. Carlo Botta, ‘Storia d'Italia continuata da quella del Guicciardini sino al 1789’, tomo I, Unione Tipografico-Editrice, Torino, 1868, pp. 285-291]. Quelle che il duca Cosimo I chiama elemosine sono gabelle dovute non solo ai frati domenicani, ma a tutti gli altri ordini. Il duca nega di aver proibito le donazioni, ma il papa ha piena fiducia nella testimonianza dei frati e utilizza le loro lettere di protesta come documenti da mostrare al Signor Imbassatore Cesareo [Juan de Vega, ambasciatore di Carlo V a Roma]. Il Farnese, allegando al nunzio la sopracitata lettera del duca, riferisce che costui si è lamentato per due questioni in particolare: le accuse di eresia mosse dal papa nei suoi confronti, e l’arresto di un suo servitore [Francesco Babbi, impegnato in missioni diplomatiche per Cosimo I: venne arrestato dal papa per più di tre mesi a seguito del blocco delle gabelle per il convento di San Marco da parte del duca]. Riguardo alla prima accusa il papa nega di aver mai utilizzato vocaboli quali eresia o simili. Per la seconda questione pare che il duca stesso avesse espresso la volontà di ritirare i suoi emissari da Roma; di conseguenza il Babbi, senza lettere né contrassegni che dimostrassero di essere un uomo pubblico, è stato fermato come privato cittadino. Inoltre, Cosimo I, tanto indignato per la ferma del suo uomo, sta trattenendo agli arresti due vassalli del papa [Galeotto Malatesta duca di Sogliano e Lodovico Ringhiera, medico di Bologna, arrestati con la presunta accusa di aver cercato di uccidere il cardinale di Ravenna per ordine del papa, cfr. Carlo Botta, ‘Storia d'Italia continuata da quella del Guicciardini sino al 1789’, tomo I, Unione Tipografico-Editrice, Torino, 1868, pp. 284-285] da oltre due anni, senza alcuna motivazione. Il Reverendissimo cardinal Pisani [Francesco Pisani, cardinale della diocesi di Padova] dopo le feste [per la quaresima] si recherà a Venezia perché è deciso a riformare il monastero di San Marco e a vedere eseguite le sentenze di monsignor di Salpi [Tommaso Stella]. Il cardinal Farnese chiede al Casa di informarsi riguardo ad alcuni panni intessuti d’oro [si tratta di arazzi, cfr. lettere del 31 luglio e 6 agosto 1546, da Giovanni Della Casa al camerlengo Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora, in ms. Vat. Lat. 14828, cc. 31r-32r e 32r-33r, incipit: “Questi Signori Illustrissimi mi hanno letto in collegio il summario" e "Sopra il negotio di Cypro che mi par che sia in mano”] appartenenti alla Cappella [non è facile capire di quale cappella si tratti] in mano ad alcuni gentiluomini. Il papa è desideroso di riaverli e aveva già incaricato il nunzio precedente [Fabio Mignanelli, nunzio pontificio a Venezia dal maggio 1542 all’agosto 1544] di occuparsi della questione, senza successo. Della Casa dovrà valutarne il costo per poterli ottenere indietro. Il papa ha proposto il giorno precedente [9 aprile] in Concistoro la questione delle decime [Venezia aveva richiesto al papa la concessione di due decime, cfr. lettera del 20 marzo 1546 dal cardinal Farnese a Della Casa, in ms. Vat. Lat. 14831, cc. 208r -209v, incipit: “Il Magnifico Orator Veneto ha fatto instantia a Nostro Signore”]. Il consiglio dei Reverendissimi Cardinali ha deciso di accontentare Venezia ma prima desidera conoscere le reali motivazioni della sua richiesta di denaro. Infatti, il pericolo degli Uscocchi [popolazione originaria dei Balcani, dedita a razzie e pirateria nell’Adriatico], ritenuto dal Magnifico Imbassatore [Giovanni Antonio Venier, ambasciatore veneziano a Roma dalla primavera del 1545] come una delle giustificazioni, è parso solo un pretesto. Il clero è stato già oppresso oltre le sue forze e le decime verranno concesse solo se realmente necessarie e dettate da una giusta causa. Della Casa dovrà scoprirla così da poter conferire ancora in Concistoro.
URL
http://www.archilet.it/Lettera.aspx?IdLettera=12467
Nomi
  • [Mittente] Farnese, Alessandro
  • [Destinatario] Della Casa, Giovanni

Data indicizzazione: 09 ottobre 2021