Scheda risorsa
Sito web
Archilet
Tipo risorsa
Lettera
Autore
Tasso, Torquato
Titolo
Lettera a Maurizio Cataneo
Data
[s. l.], [novembre 1585]
Descrizione
Torquato Tasso invia a Maurizio Cataneo la risposta alle “riprensioni de l’amico suo” [l’opera di Orazio Lombardelli, 'Discorso intorno ai contrasti che si fanno sopra la Gerusalemme Liberata', stampata successivamente a Ferrara, Vasalini, 1586]. Spiega i motivi per cui ha deciso di difendere suo padre [Bernardo Tasso, nella ‘Apologia in difesa della Gerusalemme liberata’] e di non rispondere alla seconda “invettiva” al suo poema; sostiene che lascerebbe a [Camillo] Pellegrino la “contesa”, avendo lui “accese quelle fiamme” [con ‘Il Carrafa, overo de l’epica poesia’, Firenze, Sermartelli, 1584, il dialogo che ha dato inizio al dibattito], e, citando Demetrio, “Trapezontio” [Giorgio da Trebisonda, detto il Trapezunzio] e Virgilio, lo invita a comporre un nuovo discorso. Difende la scelta del Pellegrino di paragonare la Gerusalemme a [l’Orlando] Furioso di [Ludovico] Ariosto: attraverso Simplicio [‘Commentationes in Praedicamenta Aristotelis’ e i “libri del Movimento”], precisa che anche l’imperfetto può ridursi al genere del perfetto, come i “romanzi” alla tipologia dei poemi epici quali l’Eneide. Risponde all’accusa di non aver stampato lui stesso la Gerusalemme, e, dopo aver ammesso che essa necessita “di lima”, elenca le opposizioni riassunte dal Lombardelli. Comincia con l’accusa che il poema sia “istoria senza favola”, a cui il Lombardelli ha già risposto con le dottrine di [Ludovico] Castelveltro: richiamandosi a Platone, ricorda che il poema epico è “imitazione” più che “narrazione”, perché spesso i protagonisti sono introdotti a parlare in prima persona, come Agamennone, Achille, Nestore, Ulisse o Aiace; tale espediente rende un poeta migliore degli altri, come Omero secondo Aristotele. Definisce la storia come narrazione e la poesia come imitazione, nonostante alcuni “grammatici”, richiamandosi a Quintiliano, abbiano a torto definito narrazione l’Eneide; e citando lo “Scaligero” [Giulio Cesare Scala] ribadisce che la Gerusalemme non sia mera storia. Giudica errata la definizione del Lombardelli di “favola poetica” e paragona il poeta a un architetto: con Omero, Virgilio, e l’‘Africa’ di Francesco Petrarca spiega che la vera poesia non può mancare di impalcatura, a differenza dei racconti, come quelli di Lucano o di Silio Italico. Discute sulla definizione di “favola” richiamandosi alla ‘Rhetorica ad Herennium’ e alla ‘Poetica’ di Aristotele: conclude che il termine può essere tradotto come “argomento” e differenzia quello tipico della commedia, sempre fittizio, da quello storico della tragedia, con l’eccezione della tragedia ‘Il Fiore’ di Agatone. Argomenta che la narrazione di cose “non vere” e “non verisimili” è tipica degli oratori e non dei poeti, menzionando ancora eccezioni da Stesicoro, Esiodo e Orazio, oltre a una frase che può indurre ad errore di Demetrio Falereo, tratta dal ‘De elocutione’. Riflette sulla definizione di favola accennando a un precedente discorso [‘Discorsi dell’arte poetica’] e richiamandosi a Omero, Virgilio, Parmenide e Platone; e discute dell’accostamento di verosimile e meraviglioso, attraverso alcune considerazioni dei ‘Discorsi del poema eroico’. Il verosimile nasce nell’ambito della religione: come i “gentili” credevano nei miracoli di “Tuzia”, i cristiani reputano veri quelli del Vecchio e Nuovo Testamento, come il Sole fermato per mezzo di Giosuè, e in ciò si allontanano da Alessandro Afrodiseo e Platone. Contesta l’affermazione del Lombardelli riguardo al fatto che “egloghe, pastorali e piscatorie”, commedie, tragedie, satire e poemi eroici abbiano per fondamento il “verisimile”, che paragona a un “bene apparente”, citando Petrarca [‘Triumphus Cupidinis, IV, 66]. Esprime un giudizio di valore del testo poetico basato sull’uso del vero: questo è minimo nelle commedie e nelle favole pastorali come ‘l’Andria’ e gli “Adelfi” [‘Adelphoe’] di Terenzio; altrove, invece, se ne fa maggior uso, e si inseriscono personaggi storici, come fa l’Ariosto con Carlo, Orlando, Desiderio e Turpino. Loda la “cosmografia” del Furioso citando le “istorie d’Etiopia” [‘Etiopiche’] di Eliodoro, e riflette sul termine “verisimile” in relazione a “credibile”, citando Cicerone. Menzionando il ‘Filebo’ di Platone e l’episodio biblico della Samaritana [Giovanni, 4, 1-26], definisce il vero come “eterno fonte”, distinto dai “torrenti del verisimile”; ma aggiunge che la poesia non è “falsificata istoria”, che è uno di quegli esempi dove “il predicato ripugna al soggetto”, come scrive Aristotele nel trattato ‘Dell’Interpretazione’. Nella sua poesia, la storia è mescolata con l’allegoria, che conferisce all’opera grande “dignità”, come credono Trapezontio, Demetrio [Falereo] e Agostino; ma essa è debitrice anche della filosofia, tanto che per Massimo Tirio le due cose coincidono. Dalla filosofia si ricavano “le cose appartenenti a’ regni ed a’ governi”, senza che ci sia discordanza con la storia: non si deve dubitare, infatti, dell’esistenza di Latino, re degli Aborigeni, di Turno o di Mezenzio, descritti da Livio o da Dionigi di Alicarnasso in ‘Antichità romane’; Camilla, al contrario, è frutto dell’invenzione di Virgilio. Risponde poi all’accusa del Lombardelli di aver avuto “poco riguardo a l’istoria” e afferma che al confronto con [Gian Giorgio] Trissino, che descrive le azioni di Belisario e Giustiniano, o con [Matteo Maria] Boiardo, l’Ariosto e il “Danese”, che scrivono di Carlo [Magno], reputa di vincere per conformità al vero; ma non accetta che il paragone venga fatto con poemi “d’istoria sacra”, perché la Gerusalemme è lontana da questo particolare genere, come crede anche l’amico Silvio Antoniano. Mai potrebbe “alterare un sol detto di Cristo” e riporta l’esempio di [Marco Girolamo] Vida, che nel suo poema, lodato dallo Scaligero, introduce un “ragionamento di Giuseppe a Pilato” che non risulta nelle scritture; ma lo difende l’autorità di Gregorio Nazianzeno. Riflette poi sulla “terza opposizione”: il poema è accusato di trattare alcune cose “distesamente” e altre in modo rapido; si richiama a Orazio [‘Ars Poetica’, vv. 149-150] e paragona questa difesa a quella del “cavalier Salviato” [Lionardo Salviati]. Risponde all’accusa di mancanza “d’invenzioni meravigliose” ricordando i “casi d’Erminia e di Clorinda”, e riflette distesamente su quella della difficoltà stilistica. Considera una “lode” il fatto che il poema non sia “inteso da l’universo”, a causa de “l’altezza dei concetti”, citando Pitagora, Platone, Aristotele, Petrarca [Triumphus pudicitie, v. 88] e quanto esposto nella sua lettera a Giulio Caria [n. 387 dell’edizione Guasti, “Io non ho scritto a' dotti solamente”]. Si richiama a Demetrio Falereo, a Senofonte, ad Ermogene e a Tucidide per le riflessioni sulla lingua: sostiene di non aver usato nessuna parola “pedantesca”, né “lombarda”, come Dante e Ariosto fecero, né latina, se non tra quelle scelte da Petrarca, [Pietro] Bembo o monsignor [Giovanni] Della Casa, nessuna composta, impropria o “innovata”; precisa che Aristotele, Demetrio, Cicerone, Dionigi, Ermogene, Quintiliano, Trapetonzio e lo Scaligero apprezzavano molto le parole straniere, composte e “metaforiche”. Riguardo la nona opposizione, spiega che la “soverchia chiarezza” rende umile un’orazione, come riscontra anche “Vittorio sovra Demetrio” [Piero Vettori sopra lo Pseudo-Demetrio]; e afferma che al poema eroico non si convengono “il riso” e i “ridicoli” usati ne ‘Il Morgante’ [di Luigi Pulci], in Boiardo e in Ariosto, rifacendosi a Demetrio allievo di Teofrasto. Spiega di aver già risposto, nell’Apologia, alle opposizioni “de la sentenza” [che alcuni consideravano poco efficace] e di non voler badare a chi, senza addurre ragioni, lo accusa di “gareggiare” con Dante, Ariosto o Poliziano. Replica alle accuse dei “mali costumi”, affermando che il suo poema non è contaminato dai vizi per cui [Lucio] Afranio venne ripreso da Quintiliano; conclude esprimendo la speranza che la sua opera venga imitata.
URL
http://www.archilet.it/Lettera.aspx?IdLettera=5619
Nomi
  • [Mittente] Tasso, Torquato
  • [Destinatario] Cataneo, Maurizio

Data indicizzazione: 09 ottobre 2021