Scheda risorsa
Sito web
Archilet
Tipo risorsa
Lettera
Autore
Tasso, Torquato
Titolo
Lettera a Ercole Tasso
Data
[s. l.], [settembre 1585]
Descrizione
Torquato Tasso scrive a Ercole Tasso di aver saputo delle sue nozze poco prima di aver letto la sua operetta contro le donne e il matrimonio, facendogli notare la contraddizione e l'impossibilità di lodare la sua opera e il suo matrimonio se non separatamente e per ragioni diverse. Dispiacendosi delle "voci piene di biasimo e di vituperio" che hanno turbato le feste nuziali, incita il cugino a difendersi ritrattando quanto detto alla maniera di Stesicoro. Sospetta che "qualche donna eloquente" lo confuti facilmente, visto che i lettori sono molto più remissivi alla bellezza femminile, capace di placare l'ira di Pericle durante i tumulti della plebe, che alla validità degli argomenti, per cui a una donna non servirebbe neanche mostrarsi giudiziosa come Frine. Citando Tacito ['Historiae', IV 6: la gloria "è l'ultima veste di cui si spogli il savio"], Tasso giustifica la sua ricerca di gloria scrivendo ciò che Euripide riteneva saggio: cioè una lode delle donne rispettando la loro dignità. Memore però della parentela, Tasso precisa di non scrivere una confutazione, ma un consiglio, nel tono delle "battaglie da scherzo". Suggerisce dunque di unire i due scritti, come le piante ai loro frutti, e dove le posizioni sono in contraddizione, saranno simili agli innesti di piante comunque fruttiferi. Afferma di scrivere con la stessa brevità che Massimo Tirio loda in Anacarsi, non per presunzione di sapienza, ma per la debolezza provocatagli dalla malattia, anche se cercherà di approfondire alcune opinioni. Inizia ricordando la pari autorità di Talete, fondatore della filosofia ionica, e di Solone, governatore di Atene; e cita il passo di Plutarco ['Vite parallele', 'Solone'] in cui Solone, sposato e con figli, raccontando a Talete la morte del proprio figlio, continua a mostrarsi virtuoso. Ricordando lo stesso atteggiamento per Senofonte, cita la sua opera 'Oeconomica', in cui si ricorda i motivi per cui gli dei istituirono il matrimonio, e come alla donna si affidi la gestione del patrimonio familiare. Cita il greco Pittaco per confutare l'opinione di Biante ed affermare che la fedeltà della moglie non dipende dalla sua bellezza, ma dal "senno e l'accorgimento del marito". Sottolinea contro Euripide che la bellezza esteriore è il riflesso della bellezza d'animo. Per non contraddire sempre il cugino, Tasso riprende quanto da lui citato di Teofrasto, ma mostra come il greco in altri luoghi sostenga la necessità del matrimonio per la procreazione, come dicono anche Platone e Lucrezio, di cui cita un emistichio ['De rerum Natura', II 79: "l'uno dava a l'altro la lampada de la vita"]; mentre con Masonio, Ierocle e Antifo ricorda il valore civile della famiglia. Cita Dante per ricordare la natura divina del matrimonio, che unisce l'anima e il corpo, e ricorda come gli antichi filosofi ritenessero congiunti nell'anima una parte più maschile e razionale con una più femminile e cupida: chi nega il matrimonio è dunque "adultero senza dubbio", ed "è micidiale, come disse lo Sperone [Speroni]". Affermata con i filosofi la necessità e bontà del matrimonio, la ragione conferma il tutto, e sono due i veri motivi per cui un matrimonio si distrugge, la morte e l'adulterio. Enumerando le qualità di un matrimonio, tra cui la gioia dei figli, sostiene esser giusto lottare per esso, come Menelao fece per Elena e Cambise per Noteti. Ricorda poi un' "antica favola di Aristofane" e la massima di Dione Cassio Niceo, affermando che l'umanità è sostenuta da uomo e donna congiunti in ogni cosa. Sostiene l'idea per cui le capacità artistiche sono le medesime in entrambe i sessi, ricordando le figure di Saffo e Anacreonte, Bacchilide e la Sibilla, Sesostride e Semiramis, Pelopida e Timodia: tutti paragonabili in virtù come le statue di Fidia o di Prassitele. Vi è poi la caratterizzazione individuale della virtù, come per la forza di Aiace o Achille, per la prudenza di Nestore o Ulisse, di Agesilao o Catone, per l'amore di Irena o Alcesti, per la magnanimità di Cornelia o Olimpiade. Citando il verso di Petrarca "Non a caso è virtute, anzi è bell'arte" [RVF 355, 'O tempo o ciel volubil, che fuggendo', v. 14], afferma che è la natura a rendere la donna virtuosa, anche se "men perfetta dell'uomo" per evitare che il suo legame con esso si rompa, provocando la distruzione dell'universo. E se Erope, Clitemnestra, Elena, Fedra, Erifile e le figlie di Danao sono esempi di matrimoni distrutti, Alcesti, Argia, Evadne, Artemisia, Lucrezia, Porzia, le mogli dei Tirreni, le Saguntine, Battista da Saluzzo, Eleonora d'Aragona, Isabella e Leonora Gonzaga, e Ipsicratea, per cui ricorda il verso petrarchesco "c'ora in atto servil se stessa doma" ['Triumphus Amoris', III, v .30]sono esempi opposti. Afferma che molte donne pudiche non sono conosciute, perché si nascosero alla fama, "c'ha tanti occhi e tante orecchie" [citazione da Virgilio, 'Eneide', IV, v. 181]. Ricordando gli esempi di Pitagora, Socrate e Crate, afferma che il matrimonio non impedisce la "vita contemplativa". Ritiene però necessario sposare una donna che si è in grado di mantenere economicamente, e rinunciare al matrimonio se si è privi di sostanze, citando a sostegno Filippide ed Epicarmo. Riaffermando con Platone e Aristotele che la virtù è connaturata alla donna, rifiuta di spiegarlo teologicamente perché non abbastanza esperto. Complimentandosi con il cugino, capace di scrivere in toscano di entrambe le materie, afferma chè proverà a trattare qualcosa di teologia, da sottoporre all'autorità di Ercole stesso e di suo fratello Cristoforo [Tasso]. Cita allora le sentenze di san Basilio, e la [prima] lettera ai Corinzi di san Paolo le cui verità mettono in ridicolo quando scritto da Focillide o Simonide. Affermando la natura più "tenera" della donna, perché obbedisca al marito, cita dalla stessa lettera di san Paolo [Prima Lettera ai Corinzi, VII 9: "è meglio prender moglie c'accendersi"], e ricorda la sacralità del matrimonio, invitando il cugino a lodare ancor più il sacramento che ha biasimato. Celebra poi poeticamente le virtù e i meriti del matrimonio, tra cui quello di legare i figli ai genitori, come avvenne tra Cimone e Milziade, Alessandro e Filippo, Scipione Africano a Scipione suo padre, Decio [Mure] a Decio suo padre. Chiude enfatizzando il valore eternante del matrimonio. ["Lunga lettera, o più tosto una picciola operetta del matrimonio" (come si legge nella lettera n. 413 dell'edizione Guasti, "Scrivo a Vostra Signoria una lunga lettera", del 18 settembre 1585) con cui Tasso confuta l'operetta contro il matrimonio del cugino Ercole Tasso)].
URL
http://www.archilet.it/Lettera.aspx?IdLettera=8324
Nomi
  • [Mittente] Tasso, Torquato
  • [Destinatario] Tasso, Ercole

Data indicizzazione: 09 ottobre 2021