Scheda risorsa
Sito web
Archilet
Tipo risorsa
Lettera
Autore
Chiabrera, Gabriello
Titolo
Lettera a Roberto Titi
Data
Savona, 26 novembre 1594
Descrizione
Si scusa per il suo silenzio prolungato, ma si giustifica dicendo che non avrebbe saputo cosa scrivere. Riferisce di aver scritto alcune "ciancie", ma che di sicuro il Titi le avrà già lette tutte: è assorbito dalla scrittura dell''Amedeide' [Genova, Pavoni, 1620; cfr. lettera del 17.11.1594, 'Io mi son messo ad ordinare alcune composizioncelle'] e, se ha scritto qualcosa, lo ha fatto solo per "studio". Spera di terminare l'impresa del poema facendo del suo meglio e confida nel fatto che i signori che lo conoscono non lo reputino presuntuoso. Tra le sue carte ha trovato la poesia che gli manda con la lettera [i versi non sono più allegati, ma dal contenuto successivo si può ipotizzare che si tratti di 'Forte, come un nembo ardente', dedicato a Carlo Emanuele I di Savoia, in Gabriello Chiabrera, 'Opera lirica', a cura di Andrea Donnini, Genova, RES, 2005, vol. 4, p. 64] poiché non aveva altro. Spera che la "lingua toscana" possa arricchirsi di nuove cose, se gli ingegni toscani vorranno fare questo onore alla loro patria: secondo lui, solo loro ne sono in grado. Ritiene inoltre che possano usare anche altri tipi di verso, oltre al modello usato da [Francesco] Petrarca. Anche lui ci ha provato, ma, poiché si dovrebbe introdurre questa novità con "gran forze di poesia" e lui non ne è in grado, non ha mai mostrato questi suoi "versetti": li affida ora al Titi, raccomandando che li bruci dopo averli letti. I Greci, fino ad Archiloco, usavano solo l'esametro, ma poi hanno scoperto un altro verso altrettanto bello. Si domanda quindi cosa faranno i toscani, se si limiteranno ad usare solo l'esametro e l'endecasillabo. Poiché quest'ultimo è il verso più usato dai poeti volgari, è quello da usare per la poesia epica. Tuttavia ora lo si usa anche per i "vilissimi amori" e non c'è da meravigliarsi se, per il continuo uso, i versi in endecasillabo non appaiano più così nobili nelle materie "alte". Sottolinea che i poeti sono "lusinghieri" e non dei politici, perciò non si curano se Saluzzo è stato conquistato giustamente o meno [da Carlo Emanuele I di Savoia a partire dal 1588]: i principi si devono occupare solo delle armi poiché le Muse "vanno dilettando" come piace a loro. Ricorda che, quando era a Roma, è stato accusato di essere "guiscardo" a causa di alcune "canzonette" scritte per il Duce d'Umena [Carlo di Guisa o di Lorena] [si tratta dei componimenti 'Musa, se cor gentil prego commove', 'Poiché le membra de' Giganti immense', 'Fama per monti trasvolando, e mari' in 'Canzonette' (Genova, s.t., 1591)]. Aveva risposto alle accuse dicecndo che il duca si era fermato a Savona per quindici giorni e lui gli aveva fatto visita, ottenendo il suo favore: desiderava lodarlo perché i poeti non possono fare altro. Chiede che gli procuri una copia di Apollonio Rodio ['Argonautiche'] in latino perché l'ha cercato invano per tutta Italia.
URL
http://www.archilet.it/Lettera.aspx?IdLettera=9834
Nomi
  • [Mittente] Chiabrera, Gabriello
  • [Destinatario] Titi, Roberto

Data indicizzazione: 09 ottobre 2021