Scheda risorsa
Sito web
Archilet
Tipo risorsa
Lettera
Autore
Meninni, Federigo
Titolo
Lettera a Angelico Aprosio
Data
Napoli, 26 luglio 1678
Descrizione
L’Aprosio non deve imputare ad inurbanità il fatto che egli abbia ricevuto il libretto del Meninni ‘Il ritratto del sonetto e della canzone’ [Napoli, G. Passaro, 1677] senza una lettera di accompagnamento. Infatti, fin dalla passata quaresima, in una sua raccomandata in Roma al padre generale dei Celestini [forse Vincenzo Spinelli] il Meninni dava avviso di aver consegnato al sig. Lorenzo Crasso una copia di quel libro da recapitarsi all’Aprosio: ma non ne era seguito alcun cenno di ricevuta. Meninni risponde quindi ad alcune osservazioni che l’Aprosio gli ha fatto dopo aver letto ‘Il ritratto’. Innanzitutto ribadisce che è vero che il sig. Crasso possiede molti manoscritti del cavalier [Giovan Battista] Marino far i quali alcuni canti della ‘Gerusalemme distrutta’ ma riconosce d’aver errato parlando a p. 162 di più “canti che vanno impressi” di questa ‘Gerusalemme’ essendone stato pubblicato uno solo [postumo, Venezia, 1626]: ha corretto perciò questa menda nell’errata corrige presente nella ristampa veneziana del ‘Ritratto’ prossima ad uscire [Bertani, 1678]. Meninni ammette pure d’aver errato sostenendo che il sonetto sull’orologio da polvere [a p. 147 del ‘Canzoniero’, Roma, 1625] di [Tommaso] Stigliani, sia stato mutuato dall’epigramma di Girolamo Aleandri mentre esso deriva invece da una composizione di Girolamo Amalteo [in ‘Trium fratrum Amaltheorum … Carmina …, Venezia, Muschi, 1627, p. 50]: purtroppo, l’accennata ristampa veneziana del ‘Ritratto’ meninniano è in fase troppo avanzata perché il Meninni possa farvi anche questa variazione. Per di più Meninni riconosce di aver citato - sempre nel ‘Ritratto’ a p. 24 e in riferimento all’opera ‘Le nuove fiamme’ di Ludovico Paterno [Lione, Rovillio, 1568] – l’opera aprosiana ‘Il Veratro’ mentre doveva citare ‘La sferza poetica’ anch’essa dell’Aprosio. Continua poi il Meninni riferendo d’aver letto le poesie di Sertorio Pepe grazie alla disponibilità di un parente di questo poeta, Ortensio Pepe; ma non ricorda dove siano state stampate (ciò che evidentemente gli ha chiesto l’Aprosio). Questo parente avrebbe voluto far ristampare quelle poesie ma ne fu impedito dalla sopraggiunta morte. Meninni cercherà tuttavia di riaverle da un figlio del Pepe in modo tale da poter comunicare all’Aprosio il luogo di stampa di esse. Ad ogni modo nel libro delle ‘Rime in lode della sig.ra Giovanna Castriota’ [‘Rime e versi … sig. Giovanna Castriota Carrafa …, Vico Equense, Cacchi, 1585] si legge un sonetto di Sertorio Pepe e vi si dà un breve ragguaglio del sapere di questo letterato, mentre altri suoi componimenti si trovano dispersi in altri libri ancora. Meninni riferisce poi di non aver mai visto le ‘Rime piacevoli’ [Orvieto, Colaldi, 1598] di Giovan Battista Vitale da Foggia inizialmente amico del Marino come si evince dall’incipit del sonetto del Vitale che sta a p. 231 delle ‘Rime’ mariniane [Venezia, Ciotti, 1621, ed. posseduta dal Meninni]: “Tu che del Tebro non men, ch’Arno, e Sebeto”. Ma successivamente i due divennero fierissimi nemici, e il Vitale fu chiamato dal Marino ‘il Poetino’ in un suo ‘capitolo’ il cui incipit è “Odi ser Poetin, volgeti in qua” al quale rispose il Vitale con un altro ‘capitolo’ [incipit: Non andar bue e castron in qua, e in là: ambedue dati alle stampe in G. B. Marino, ‘Strage degli innocenti’, Venezia Scaglia, 1633]. Nella ‘tavola degli autori’ che scrissero in lode della sig.ra Giovanna Castriota, la quale tavola si trova nel citato volume delle ‘Rime in lode della sig.ra etc.”, Giovan Giacomo de’ Rossi scrisse che “Giovan Battista Vitale da Foggia scrive bene in istile berniesco che non ha pari, et in istile grave non è inferiore a niuno”. Meninni ha visto il tomo delle ‘Lettere di [Tommaso] Stigliani e ne fa menzione nel suo ‘Ritratto del sonetto e della canzone’ a p. 140 laddove contraddice lo Stigliani il quale afferma che ‘Le lagrime di San Pietro’ siano di Luigi e non di Giacopo Tansillo. C’è chi pensa, aggiunge il Meninni, che lo Stigliani non sia affatto versato alla poesia, ma v’è pure chi, come il cardinale Sforza Pallavicino, lo reputa “tra que’ pochi che della poetica e della lingua italiana possono parer come scienziati” [S. Pallavicino, ‘Considerazioni sopra l’arte dello stile e del dialogo’, Roma, eredi del Corbelletti, 1646]: una lode, questa, che si giustifica con il fatto che il Pallavicino e i gesuiti erano a quel tempo poco amici del Marino [censurato dallo Stigliani], il quale Marino aveva messo al giro, si diceva, alcuni sonetti di carattere bernesco contro il padre gesuita Costantino Pulcarelli. Meninni ribadisce ancora d’esser curioso di sapere “di che lega sieno” le poesie [Rime piacevoli] del Vitale [richiamate poco sopra in questa lettera] ed esplicitamente chiede all’Aprosio se dalle sue parti circoli e quindi si possa trovare il ‘Discorso della poesia giocosa’ [è il ‘Ragionamento dello Accademico Aldeano sopra la poesia giocosa de’ greci, de’ latini e de’ toscani’, Venezia, Pinelli 1634] di Nicola Villani
URL
http://www.archilet.it/Lettera.aspx?IdLettera=1050
Nomi
  • [Mittente] Meninni, Federigo
  • [Destinatario] Aprosio, Angelico

Data indicizzazione: 09 ottobre 2021