Scheda risorsa
- Sito web
- Archilet
- Tipo risorsa
- Lettera
- Autore
- Lampugnani, Agostino
- Titolo
- Lettera a Angelico Aprosio
- Data
- Pavia, 1 gennaio 1648
- Descrizione
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Dopo aver finalmente avuto avviso che Aprosio era partito, da Piacenza, alla volta di Genova, e mentre ancora si chiedeva “se dentro o fuori di Genova”, e quindi dove indirizzare le proprie missive, ecco che riceve una “gratissima” sua lettera, che tutto gli chiarisce. Si rallegra che Aprosio gli dia di sé buone notizie. Quanto a lui, sta “al solito”: pazienza. Direbbe che il “Talpa plagiario”, [di cui Aprosio gli ha fatto cenno], “sia quegli che della Republica di Lesbo del nostro padre Sgualdi” [Vincenzo Sgualdi, 'Republica di Lesbo overo della ragione di stato in un dominio aristocratico', prima ed. Bologna, Tebaldini, 1640] ha rapinato ampi stralci “per fabricare il volume de 'Discorsi politici e morali' [(Gugliemo Plati), 'Il mondo smascherato, overo la pietra del paragone del vero. Discorsi politici e morali del conte Glemogilo Talpi', Padova, Tomasini, 1645], e sfacciatamente rimproccia i ladri, essendo egli ladrissimo”. Egli dunque, volendo corrispondere alle richieste di Aprosio, subito ha composto “l’inserto epigramma” [non più allegato, ma se ne può trovare il testo, fatti salvi gli ultimi due versi, successivamente modificati, in (Angelico Aprosio), 'La grillaia. Curiosità erudite di Scipio Glareano', Napoli, de Bonis, 1668, p. 68]. Se non andasse bene, prega Aprosio di avvisarlo, anche se non crede di saper far meglio, come non sa a chi [in Pavia] potrebbe chiederne altri. La Santa Radegonda [poi a stampa come 'Della vita di s. Radegonda che di gran regina si fece monaca di san Benedetto', Milano, Monza, 1649] e la 'Carrozza [da nolo', poi prima ed. Bologna, Zenero, 1648], come tutte le sue “fatiche”, non smettono mai di incontrare qualche disavventura. Le aveva mandate a Venezia, scrivendo “al signor Herrico” [Scipione Errico], a [Matteo] Defendi, al Loredani [Giovan Francesco Loredano] per raccomandarne la stampa. Il suo “attore era il padre don Pietro [Vandini], gobbetto al solito”. “Dormirono gran tempo” in mano dell’[Errico], poi gli giunse da [Francesco] Pozzo, per tutta risposta, una richiesta “esorbitante” da parte degli stampatori. Non essendoci verso di far ridurre simili pretese, diede ordine di mandare i manoscritti a Bologna “al signor dottore [Ovidio] Montalbani”. Ieri l’hanno informato che passate le feste si darà avvio alla stampa [della 'Carrozza da nolo': ne scaturirà l’ed. Bologna, Zenero, 1648]. Da Venezia, il solo Loredano gli ha risposto, per comunicargli di essere riuscito a incontrare l’[Errico] solo dopo che le opere già erano state inviate a Bologna, e di non essere dunque riuscito a prenderne visione [potrebbe essere versione della missiva qui accennata quella stampata nelle 'Lettere del signor Gio. Francesco Loredano', nell’ed. Venezia, Guerigli, 1655, a p. 342]. Per farla breve, adesso non c’è più a Venezia un padre Ventimiglia che si prenda a cuore le sue disgrazie. In ogni caso, spera che Aprosio voglia continuare ad accogliere benevolo le sue “debolezze” letterarie, e che ciò valga anche per il “signor marchese Brignole” [Anton Giulio Brignole Sale]. Se ad Aprosio dovesse capitare di fargli visita, gli ricordi che Lampugnani “viv[e] svisceratissimo suo servo”. Il Brignole fu infatti suo principe nell’Accademia [degli Addormentati di Genova], e “principe e signore [gli] sarà sempre”. Da una lettera che questi gli ha mandato, sa che ha in corso di stampa “certa sua opera” [il riferimento può essere al 'Satirico innocente', la cui prima ed. datata è appunto Genova, Calenzani, (1648)] e che poi darà alle stampe “il Sant’Alessio” [Anton Giulio Brignole Sale, 'La vita di s. Alessio descritta et arricchita con divoti episodi', prima ed. Genova, Peri, 1648]. Brignole ha anche visto il suo 'Heroe mendico [overo de gesti di s. Alessio', Milano, Ghisolfi, 1645], ma sembra che non ne abbia gradito lo “stile” e, più esattamente, il fatto che Lampugnani non abbia rappresentato il suo protagonista come un mendico: ma egli intendeva coglierne la natura eroica, non l’esteriorità più misera, “l’heroe di natura e non il mendico d’accidente”. Ripete [in poscritto] che se il suo epigramma [contro il Talpa plagiario] non fosse all’altezza, Aprosio può sentirsi libero di “ogni censura”, e che, se gliene verranno altri, li manderà.
- URL
- http://www.archilet.it/Lettera.aspx?IdLettera=3142
- Nomi
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- [Mittente] Lampugnani, Agostino
- [Destinatario] Aprosio, Angelico
Data indicizzazione: 11 giugno 2024